Una canzone di molti lustri fa ha animato, in tantissimi, tra lo spensierato e l’intimo, un sentimento agro e dolce, una sorta di pizzicore sempre meno piacevole allo scorrere del calendario.

Un mix di emozione e tristezza che veniva generata dallo sfumare delle passioni estive e dalla malinconia delle ripartenze, dei saluti o degli addi.

Correva l’anno 1985 quando i fratelli Righeira rimbalzavano di radio in radio con un ritornello indelebile, sino alle orecchie dei metallari più ortodossi, ricordando a tutti che l’estate finisce e i nodi vengono al pettine.

“L’estate sta finendo, un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va..

In spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più, è il solito rituale, ma ora manchi tu

Questo ritornello, oggi, ci fa pensare che l’estate sarda è in realtà finita da tempo, ma che non ne siamo ancora pienamente consapevoli.

Manca ciò che in quell’estate, andata, avevamo pensato di poter avere per sempre: benessere, lavoro, opportunità, sviluppo (ben diverso dalla mera crescita del pil).

Erano gli anni della Milano da bere e, comunque, della Sardegna cicala.

Erano gli anni della sbornia collettiva, della crescita del debito pubblico, quando il binomio turismo – immobiliare ha creato rendite, patrimoni, aspettative e un’idea di Sardegna oggi inadeguata.

Oggi ci interroghiamo su come sia possibile che, nonostante tutto, ogni estate, ogni anno, la retorica e l’assenza di visione e di prospettiva popolino ancora i programmi ed il dibattito nell’Isola.

Cosa manca

Ecco, la domanda vera è questa: cosa manca per risollevare le sorti dei nostri Territori dopo sittanta “gaudenzia” estiva?

Siamo abituati a leggere i dati, a studiarli ed analizzarli. Il sistema turismo in Sardegna non eccelle rispetto alle altre realtà italiane e mediterranee. Anzi, sta in fondo.

Il modello fondato su villaggi e pacchetti vacanza estivi, sugli affitti e vacanze del “porto tutto da casa”, sulle sagre e riti da riserve indiane, ha segnato il passo e non può essere il modello del futuro.

L’isteria d’agosto con i Paesi congestionati, le spiagge prese d’assalto, il patrimonio naturalistico sotto attacco, con risorse limitate e impianti stressati è sotto gli occhi di tutti.

Con un impegno gigantesco del volontariato e delle amministrazioni, molti Paesi devono anno dopo anno “scalare montagne” di fatica per segnare il colpo della presenza e della resistenza. Perché la verità è che anche organizzare sagre e manifestazioni sta diventando, in assenza di correttivi, di risorse umane, di nuove idee e modelli, una impresa improba e sempre più difficile per le piccole Comunità.

Sono evidenti gli effetti di medio tempo del modello di sviluppo inadeguato.

Anche dove il turismo “va bene”, il sistema dei Paesi ha ottenuto effetti negativi, ad esempio per le politiche abitative, per i prezzi al consumo, per l’ulteriore collasso dei servizi sanitari, dei servizi esistenti solo alcune settimane all’anno.

Nonostante i dichiarati successi per sbarchi e presenze, i dati della Sardegna segnano  – non solo per questo, sia chiaro –  saldi negativi sulla vivibilità nei Paesi, sui servizi, sui residenti, sulla dispersione scolastica, sull’avvio di nuove intraprese, sull’occupazione qualificata, sull’attrazione di investimenti, sull’emigrazione dei giovani e delle risorse qualificate.

L’economia reale non ha bisogno di chiacchere, di slogan e di video promozionali. Ha bisogno di infrastrutture, di connettività, di servizi, di qualificazione ambientale e di transizione. Ha bisogno di cambiamento. Ha bisogno di Comunità Energetiche e di politiche locali.

Il viaggio di conoscenza e scoperta, il viaggio esperienziale, il soggiorno lungo e la residenza temporanea, anche per motivi di lavoro (come per le sedi dei cd nomadi digitali), sono le offerte da costruire.

I nostri Paesi, adeguatamente infrastrutturati (connessione e servizi), preservati e valorizzati, sono location ideali per proporre una offerta unica nel mercato internazionale del viaggio e soggiorno. Per 10 mesi l’anno.

La stagionalità consentirebbe di offrire contenuti e colori della residenza sempre intensi e sempre diversi in ogni momento dell’anno.

I numeri di questo mercato sono impressionanti e il sistema Sardegna li trascura o, peggio, li nasconde.

Per fare un esempio, sono stimati in circa oltre 50 milioni i cicloturisti in Europa. Quanti in Sardegna? Sono decine di milioni coloro che possono scegliere il lavoro delocalizzato, i cd nomadi digitali. Quanti di loro possono valutare (sedi, servizi, connessione di almeno 300 mega in uploade) un sistema in grado di accoglierli?

Allora, una “scuola” diversa

L’ennesimo resoconto della “scuola estiva e balneare” sui progetti di sviluppo locale si schianta contro quello della vita reale, del sistema economico e sociale, che ci dimostra che il modello della Sardegna “terra di Vacanza” non funziona e non è idoneo da solo a fermare o invertire il declino.

È il momento delle riflessioni e, crediamo, di un nuovo agire

Abbiamo da costruire e realizzare l’idea di una Sardegna dei Paesi, capace di esprimere reale attrattività tutto l’anno. Capace di attrarre e trattenere nuove residenze. Capace quindi di garantire standard di vivibilità alti oltre quelli che madre Natura ci regala gratis, quasi immeritati.

Abbiamo davanti una Sardegna vivibile da viaggiatori, visitatori e nuovi residenti temporanei, di Paese in Paese, diventati attrattivi perché impegnati in progetti di qualificazione e di sviluppo, di investimento, capaci di relazioni sociali, di orgogliosa pratica delle tradizioni, di fermento culturale e di laboriosa passione.

Sardegna Terra di Viaggio e Residenza

La riflessione è fondata, per l’ennesima volta e dopo l’ennesima estate, sulla constatazione che il modello paradiso delle vacanze non funziona, non genera ricchezza duratura, depaupera più di quanto rilascia, modifica in negativo più di quanto preserva e valorizza.

Abbiamo in testa una regione che, come altre, è in grado di attrarre perché, nel suo insieme, i 377 Comuni diventano sistema e quindi brand attrattivo.

Dobbiamo velocemente costruire un livello di attrattività dei Paesi e Territori, creando reti tematiche e valorizzando le peculiarità locali, così da offrire periodi di viaggio e soggiorno nelle nostre subregioni. Così come accade in altre regioni, dove è il Territorio (Chianti, Provenza, Senese, Cinque Terre, Versilia) servizi e di vivibilità adeguato. Soggiornare nei piccoli Paesi in Toscana o in Provenza è possibile perché è parte di una intera vacanza o sollecita una residenza.

È paradossale il fatto che, spontaneamente, centinaia di stranieri e ospiti stanno decidendo di risiedere in Sardegna (e non solo nelle località balneari), acquistando e ristrutturando casa. Laddove riescono (!), integrandosi nelle nostre Comunità.

Allora perché questo, ancora, non lo consideriamo possibile? Abbiamo bisogno di (ri)affermarlo, testimoniando che molte Comunità locali sono all’opera.

Un altro anno di lavoro davanti, altre Comunità che si attivano.

Riabitare la Sardegna è prima di tutto una piattaforma di relazioni capace di definire modelli di riferimento, che anima il fare quotidiano e indirizza azioni e progetti. Tanti sono in movimento per realizzarlo.

Ad majora

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